Molte proposte (forse anche troppe) sono in fase di discussione per la riforma del welfare: sistema che è da considerare ormai in crisi anche in quei paesi del nord Europa in cui era sopravvissuto al terremoto finanziario di questi anni. Parte delle proposte in discussione riguardano le risorse storicamente rese disponibili per le diverse fasce d’età: quante e come dovranno essere investite per soddisfare i bisogni delle persone anziane (in un contesto progressivo e irreversibile di invecchiamento della popolazione) e quante e come, invece, da destinare ai bisogni della popolazione di altre fasce d’età ( infanzia, età evolutiva, alle famiglie e soprattutto oggi alla popolazione giovanile). Quest’ultima fascia in particolare, pare oggi estremamente penalizzata da un sistema attuale che non gli consente di sostenere la situazione di precarietà del lavoro, quando non l’assenza, in molte parti del vecchio continente.
Per quanto riguarda gli anziani, il dibattito fa emergere un diverso approccio storico del welfare tra i paesi della Comunità Europea. Le due principali modalità con cui si affronta, per esempio, la questione del welfare per anziani non autosufficienti sono rappresentate da una parte da trasferimenti monetari alle persone interessate e alle rispettive famiglie e dall’altra, dalla organizzazione di servizi adeguati al soddisfacimento dei bisogni per la non autosufficienza, modulati per intensità assistenziale. Le risorse complessive messe a disposizione in Italia sono abbastanza inferiori rispetto a quelle del Regno Unito, Francia e Germania; nonostante i trasferimenti monetari nella nostra nazione siano maggiormente diffusi e notevolmente superiori rispetto agli altri paesi, i servizi offerti risultano di gran lunga inferiori o meno diffusi e sicuramente meno garantisti di un livello di erogazione confacente con l’intensità di assistenza necessaria.
Secondo i dati riportati in un’analisi comparativa condotta dal Cergas Bocconi con SPI-CGIL, l’Italia offre una risposta a oltre il 95% degli anziani non autosufficienti e disabili stimati, contro il 44% del Regno Unito, il 65% di Germania e il 49 % della Francia.
Ciò contrasta con la spesa pro capite per la non autosufficienza che in Italia è di 558 euro pro capite per singolo residente, contro 841 in Francia, 912 in Germania e 963 del Regno Unito. I beneficiari del trasferimento di risorse monetarie (comprensive di indennità di accompagnamento, anziani in residenze e semi residenza) sono 2.165.070 contro 1.200.000 in Francia, 1.377.000 nel regno Unito e 2.041.800 della Germania. Siamo di fronte ad un’evidente incongruenza dovuta, secondo gli autori dell’analisi, ad una lettura dell’indicatore di intensità assistenziale riferito a risorse impiegate per singola persona assistita. L’Italia, infatti, spende 12.397 annui per assistito, meno della metà di quanto si spende per singola persona negli altri paesi europei confrontati: il Regno Unito che spende 28.463 euro annui, la Germania 30.340 euro, la Francia 5.475 euro. L’Italia è quindi un paese dove si investono meno risorse per servizi reali e più risorse in benefit economici.
Lungi dal giudicare queste differenze, si tratta sempre e comunque di differenze significative nell’evoluzione dei sistemi di welfare negli stati europei . A quest’osservazione si aggiunga quella derivante sempre dall’analisi comparativa sopra citata, dalla quale emerge che l’Italia è il paese dove si spende tanto per le pensioni e per l’integrazione al reddito e sussidi per la disoccupazione; poco (ultimo posto) per la spesa riferita a politiche per la famiglia, per l’infanzia e l’adolescenza, per la conciliazione familiare e per le politiche abitative; nulla o quasi per le politiche giovanili. Quest’ultimo dato preoccupa non poco quanti di noi siamo interessati a divulgare il tema dell’invecchiamento attivo e della solidarietà tra le generazioni.
Infatti se le evidenze demografiche dei paesi europei – nel riportare indici di vecchiaia sempre più elevati correlati ad un innalzamento degli indici di dipendenza strutturale – esprimono sostanzialmente un divario tra popolazione anziana non attiva o poco attiva e popolazione giovane attiva (o potenzialmente attiva e quindi un grado di dipendenza economico sociale tra le generazioni) la questione è non solo una “questione anziani”, ma sicuramente anche una “questione giovani” e addirittura una “questione giovani-anziani”.

Gli esperti seri confermano che l’uscita dalla crisi non si configura come soluzione nell’immediato, ma può rappresentare un’aspirazione utopica in grado di stimolare la ricerca di soluzioni. Noi propendiamo su due percorsi da esplorare: costruire nuove progettualità finalizzate a mantenere equilibri intergenerazionali e promuovere processi di coesione sociale accompagnando l’invecchiamento attivo con la solidarietà tra le generazioni. Si tratta di accogliere e praticare la sfida che viene dalla celebrazione consacrata in tutta Europa nel 2012 dell’invecchiamento attivo e della solidarietà tra le generazioni.
Al di là di vedere nelle generazioni elementi di competitività nel mondo dell’occupazione e del lavoro da “occupare” o “ riservare” per una o altra fascia generazionale potrebbe risultare conveniente per il sistema giovani-anziani promuovere uno specifico processo di governance intersettoriale e interdisciplinare come valida risposta alla crisi del welfare europeo agendo su diversi fronti: il cambiamento a partire dalla crisi, la visione complessiva del sistema “abitare, assistere, promuovere salute”, l’interdisciplinarietà delle competenze, l’attenzione strategica ai “servizi alla persona”, l’attivazione di sistemi di reti integrate di servizi nei luoghi di vita delle persone anziane e giovani nelle città e nei quartieri, l’abitare intergenerazionale. La solidarietà tra le generazioni, nello specifico, può rappresentare una delle opportunità per la coesione sociale in Europa e per il rinnovamento dei sistemi di welfare state
Per gli aspetti dell’invecchiamento attivo correlati al prolungamento dell’attività lavorativa dell’anziano e pensionamento ritardato, sviluppare la solidarietà tra le generazioni significa lavorare di concerto tra istituzioni e società civile per trovare equilibri tra la permanenza dell’anziano nel mondo del lavoro e la possibilità di ingresso nello stesso mondo delle giovani generazioni. In un invecchiamento attivo inteso come prolungamento della vita attiva dell’anziano impegnato con protagonismo nella società in ruoli di utilità in piena autonomia e indipendenza, si tratta di studiare e capire come la solidarietà tra le generazioni debba favorire e garantire queste espressioni di attività da parte della persona anziana.
In sintesi, la solidarietà tra le generazioni nell’approccio all’invecchiamento attivo in Europa afferisce alla sfera dell’equità di opportunità tra le generazioni di potersi realizzare non solo senza contrastarsi e competizioni sterili e improduttive socialmente ma addirittura unendo forze e competenze per sviluppare collaborazioni e sinergie. Il futuro interessa tutte le generazioni e non solo quella senile e quindi la solidarietà tra di esse rappresenta presupposto per una garanzia di qualità della vita duratura per tutte le generazioni. Nella solidarietà tra le generazioni si trova la possibilità di ricostruire i vincoli sociali e di creare vera coesione. I vantaggi che si possono ottenere dall’implementazione negli stati europei della solidarietà tra le generazioni riguardano sia gli anziani che i giovani considerati singolarmente, sia gli anziani e i giovani insieme oltre che l’intera comunità.
Beh mi sembra un buon articolo…speriamo anche utile per una discussione
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[…] di ripensare il modello residenziale a loro dedicato. Da sempre sosteniamo che una possibile strategia in grado di dare efficaci risposte a queste problematiche sia la creazione di comunità […]
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