L’invecchiamento non è degli altri

L’invecchiamento della popolazione e il calo delle nascite sono oramai due fenomeni riconosciuti al centro di vari studi demografici. Una minore attenzione sembrerebbe invece essere riposta da parte dei decisori e, stranamente, da parte della cittadinanza alle ripercussioni sociali ed economiche di questi fenomeni sulla nostra società.

Sembrerebbe infatti diffusa la convinzione che generalmente l’invecchiamento riguardi “gli altri” e non “sé stessi”.

È frequente infatti da parte delle persone l’abitudine di considerare l’invecchiamento come una condizione presente (cioè riguardante le persone già anziane) e non in prospettiva (che riguarda anche chi non è ancora anziano). La maggior parte di noi ritiene di non essere la persona interessata dall’invecchiamento, pur condividendone le prerogative e le implicazioni problematiche, se non è coinvolto direttamente per evidenti ragioni anagrafiche.

Eppure la gran parte della letteratura relativa all’invecchiamento attivo segnala che si comincia ad invecchiare “da giovani” e che sia necessario pianificare il proprio invecchiamento prima che questo sopraggiunga.

Anche la programmazione politica e sociale, al fine di organizzare una offerta di servizi idonei, tiene conto della popolazione anziana attuale e delle sue necessità tralasciando lo studio degli interventi che, in prospettiva, saranno necessari agli anziani del domani, i giovani e gli adulti di oggi.

Se è vero che si comincia ad invecchiare fin dal giorno in cui si nasce e che si prosegue nel corso della vita verso questa destinazione, c’è un momento particolare della propria vita in cui la consapevolezza di questo procedere dell’età dovrebbe essere più matura ed è quello della vita adulta. Riteniamo che questo particolare e fondamentale momento della vita avvenga generalmente a partire dai 60 anni ma, per alcuni, si manifesta anche intorno ai 55.

Così inteso, l’invecchiamento attivo diventa una prospettiva interessante e non una minaccia di decadenza imminente. Una opportunità da sfruttare per migliorarsi o reinventarsi come persone e non una debolezza che rende sempre più insicuri e destinati all’inutilità sociale.

Questa consapevolezza diffusa sull’invecchiamento attivo, va prendendo sostanza su diversi aspetti della persona anziana come “soggetto sociale” ma noi vorremmo evidenziarne due: l’abitare e i servizi.

Sull’abitare, si va diffondendo sempre più la convinzione che sia necessario ripensare l’abitare dell’anziano come una forma proattiva del vivere e non una formula di offerta assistenziale: un riconoscimento della propria identità da salvaguardare permettendo alle persone di invecchiare attivamente nei propri luoghi di vita (invecchiare in casa o come a casa) rispetto alla imposizione di una struttura residenziale istituzionalizzante, dove rischiare di perdere la propria identità riducendo al minimo le attività.

Sui servizi dedicati all’invecchiamento stenta invece a decollare la consapevolezza che occorra rendere “formali” dei servizi per l’invecchiamento attivo che preparino le persone a  sviluppare  ruoli attivi e nuove competenze, per tempo, e non attendere che si siano perse buona parte delle proprie autonomie per ricevere un servizio personalizzato. Il periodo antecedente alla vecchiaia andrebbe accompagnato con competenza perché quest’ultima non sia vissuta come una fase “residuale” della vita ma un periodo ancora produttivo nel quale non solo mantenere il più possibile le proprie autonomie ma sviluppando nuove competenze. Il venir meno della propria autonomia non dovrebbe essere un ostacolo a questo processo “attivo”, ma una occasione di maggior impegno sia dei servizi e degli operatori coinvolti, sia della persona interessate.

I servizi legati all’abitare dovrebbero essere pensati e resi “formali” da parte degli organismi pubblici, ma anche da quella parte della società civile capace di organizzarsi in autonomia. Una buona formazione specifica sull’invecchiamento attivo potrebbe rappresentare una occasione per prepararsi a questa fase della vita con consapevolezza e competenza.

Il welfare europeo va sempre più orientandosi verso l’abitare, le cui forme aggiornate appaiono in grado di rispondere efficacemente alle necessità della vecchiaia. Case adatte, ben integrate nelle città e ben sostenute dai servizi domiciliari e di prossimità e di nuova generazione. (1)

Abitaresociale propone soluzioni abitative intergenerazionali con servizi, ma ritiene che sia anche utile insistere nel proporre percorsi di preparazione all’invecchiamento attivo a partire dall’età di 55-60 anni che tengano conto almeno dei seguenti aspetti:

  • acquisire la consapevolezza di una prospettiva di invecchiamento che riguardi sé stessi e non solo “gli altri”
  • prepararsi alla scelta di dove si vuole invecchiare: luogo fisico e tipo di abitazione (tradizionale o collaborativo)
  • interrogarsi sulle nuove competenze che si intende sviluppare e quali tra quelle trascurate nel corso della vita lavorativa si intende potenziare
  • pensare ai servizi per l’invecchiamento attivo a cui ricorrere in maniera graduale

Pare utile, in questo senso, avviare riforme sostanziali che accolgano la cultura dell’invecchiamento attivo come approccio degli interventi di pianificazione pubblica. Cambiare paradigma è fondamentale, ma questa rivoluzione deve essere prima di tutto individuale.

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Invitiamo, quindi, i nostri lettori a riflettere sul proprio futuro invecchiamento attivo per tempo, considerando punto per punto le voci di questo elenco:

  • ripensare al proprio invecchiamento prima della fase del pensionamento, senza pregiudizi o patemi d’animo;
  • programmare le formule del proprio futuro habitat (magari adeguando quello attuale) e pensare a quali servizi di accompagnamento ricorrere per un buon invecchiamento;
  • intercettare nel tempo i propri bisogni man mano che le autonomie vengono meno per non trovarsi impreparati sia dal punto di vista abitativo che dei servizi di supporto;
  • intervenire volta per volta sulle “barriere”, anche quelle sociali, che ostacolano il mantenimento delle proprie autonomie e impediscono di svolgere ruolo e attività sociale.

Se poi le soluzioni ipotizzate contemplano la solidarietà tra le generazioni e lo scambio di servizi e di competenze tra le stesse, crediamo che si possa immaginare per il nostro futuro una società coesa e modernamente sviluppata. Potrebbe persino sviluppasi  un nuovo welfare generativo per l’invecchiamento attivo 

(1) Giunco, Fabrizio (2015) Abitare leggero in Europa, Abitare & Anziani, Roma (pg 10-14)


Vi invitiamo quindi a rispondere ad un nostro piccolo sondaggio che consentirà a noi di capire qualcosa in più di voi, e a voi di iniziare a capire in che modo vorrete programmare il vostro invecchiamento attivo. Grazie 🙂

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