Differenze di genere in età anziana: parliamone

Quando si parla di invecchiamento, non sempre si analizza la differenza di genere in questa fase di vita.

Certamente uomini e donne hanno dei problemi comuni dovuti agli eventi tipici della terza età, quali evoluzione del fisico, pensionamento o vedovanza, che possono portare a entrambi un senso di solitudine o di inutilità sociale.

Tuttavia vi sono rilevanti differenze di genere su molti aspetti (salute, reddito, partecipazione sociale, comportamenti e stile di vita), che meriterebbero di essere approfonditi in quanto queste differenze possono generare delle vere e proprie disuguaglianze.

E’ noto che le donne sono più longeve degli uomini. Ma vivere di più non significa vivere meglio, la maggior longevità il più delle volte si accompagna ad una peggiore condizione di salute e ad una più marcata solitudine e precarietà economica.

Donne e uomini sono esposti in modo diverso ai rischi sanitari, alle malattie, eppure la ricerca medica e le norme sanitarie riguardano prevalentemente il corpo maschile. Un esempio per tutti è dato dai farmaci, testati e somministrati indifferentemente senza considerare le eventuali “reazione avverse” dovute alle differenze di genere. Secondo accreditati studi medici una più alta percentuale di donne è affetta da malattie croniche rispetto agli uomini e soffre maggiormente di depressione e disabilità. In vecchiaia la solitudine è prerogativa femminile : le donne invecchiano sole, gli uomini invecchiano in due, per la tendenza di questi ultimi ad accasarsi il prima possibile quando rimangono vedovi.

Il vivere sole comporta una maggiore esposizione al rischio di povertà sopratutto quando si ha un basso reddito. I dati INPS ci raccontano che le donne percepiscono pensioni più povere dei loro coetanei, molto più spesso pensioni sociali e di reversibilità, meno frequentemente pensioni previdenziali, ove comunque vi è un gap di genere dovuto ai lavori meno qualificati e retribuiti o alla frammentarietà di contribuzione legata ad interruzioni per nascita dei figli o lavori di cura.

Lavori di cura che proseguono anche nell’età anziana ove le nonne più dei nonni si occupano dei nipoti per carenza di asili o doposcuola, sempre più spesso a tempo pieno per l’incremento delle separazioni tra le giovani coppie. Secondo l’ISTAT gli uomini hanno più tempo libero delle donne, sopratutto al sopraggiungere del pensionamento. Questo si riduce solo quando diventano vedovi, quando si devono occupare in prima persona dei lavori domestici. Per le donne la situazione è capovolta: in pensione non vanno mai e per avere più tempo libero devono attendere la vedovanza.

Riguardo ai ruoli sociali permane anche in età anziana una divisione dei compiti: le donne all’interno dello spazio privato della casa e della famiglia (cucinare, pulire, curare i familiari), gli uomini più proiettati verso l’esterno, (rapporti con il condominio, le banche e la manutenzione dell’auto). Ciò comporta per la componente femminile un maggior isolamento sociale, attenuato in parte dai rapporti di vicinato.

Anche sull’aspetto della mobilità vi sono differenze: le donne anziane hanno più difficoltà a percorrere gli spazi urbani, escono meno dei loro coetanei, si muovono con meno agilità e nelle strade sono più spesso vittime di scippi. Sopratutto non escono sole la sera, in quanto generalmente non guidano la macchina. Costituiscono di solito la maggioranza degli utenti dei trasporti pubblici, con tutti i problemi di accessibilità, sicurezza ed incolumità che ciò può comportare.

Hanno più problemi a fruire dei servizi amministrativi in quanto quasi sempre hanno un rapporto difficile con la tecnologia, dovuto alle minori opportunità formative avute nel corso della propria vita. Infine, a differenza dei loro coetanei,   partecipano meno alla vita civile e politica della città e del Paese, sono assenti dai luoghi di responsabilità, dalle istituzioni, dalla politica, dalle associazioni sindacali o sportive. Persino nel volontariato hanno un ruolo meno visibile, limitandosi a quel volontariato informale, non riconosciuto, all’interno della parentela o vicinato.

Vi è una rappresentazione reale di tutto ciò? Sembrerebbe di no, considerato lo scarso munero di donne anziane di cui si parla nei media o anche nella pubblicità, ove non fanno notizia o si prediligono immagini femminili stereotipate. L’idea è che per essere accettati bisogna disporre di un corpo bello, sano, giovane e, laddove femminile, anche sexi. Dunque c’è una invisibilità di questo universo, dei bisogni e delle attività di questa componente della società.

Eppure le donne anziane dovrebbero avere un ciclo di vita da dedicare a se stesse, al proprio benessere, ai propri interessi, dopo una vita intera ove si sono occupate prima dei bisogni e della salute degli altri e poi della propria.

Una analisi di genere, approfondita e sistematica consentirebbe di portare alla luce e dare il giusto valore a queste ed altre differenze tra uomini e donne. Le politiche di ogni settore, dal sociale all’urbanistica dovrebbero tenerne conto e rimodulare l’offerta di servizi in ragione dei diversi bisogni e stili di vita delle persone. Ciò consentirebbe altresì di promuovere l’idea di invecchiare in altra maniera, mantenendo una vita sana e attiva.

Luisa Marilotti

Foto di copertina Lauren Fleishman

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