Con molto piacere apriamo la nostra rubrica internazionale con un articolo scritto dallo spagnolo Fernando Alonso di Acceplan dell’Institut Universitari d’Estudis Europeus e dedicato alle polemiche strade in cui convive il traffico pedonale con quello veicolare. Buona Lettura.
Strade condivise: una soluzione polemica
Il famoso architetto Gaudì fu investito da un tram nel 1926. Nel libro il suo Barcelona, Robert Hugues descrive così il triste incidente: “Nella tarda mattinata del 7 giugno 1926, un vecchietto attraversava la Gran Via in un angolo della Calle Bailen, nel quartiere dell’Eixample di Barcellona. Era basso, con gli occhi azzurri, capelli ricci e bianchi. Indossava un abito nero sgualcito. Quando camminava trascinandosi lungo la Gran Via, al centro della quale passavano i tram, non guardò nè a destra né a sinistra, incurante del tram della linea 30 che avanzava verso di lui fino ad investirlo”. Gaudì non è l’unico personaggio famoso morto mentre attraversava la strada. Non si conoscono le circostanze esatte, ma è possibile che, data l’evoluzione del suo sogno a occhi aperti al quale lavorava ambiziosamente e instancabilmente (la fabbrica della Sagrada Familia), circolava distrattamente in uno spazio dove non erano ancora stati chiaramente stabiliti i confini tra l’area destinata ai pedoni e quella dedicata al traffico veicolare. In questo caso fu un tram, ma sarebbe potuto essere un camion o un’automobile. Recentemente il mio amico Rafael Reyes stava uscendo dal Victoria & Albert Museum di Londra con in mano un carico di libri d’arte e di architettura, entusiasta del prezioso bottino. E’ tornato alla realtà con il rumore della frenata di una macchina che per poco lo investiva. Rafa era entrato involontariamente nella strada condivisa Exhibition Road, una shared space street di nuova costruzione a Londra, dove i pedoni e i veicoli transitano nella stessa strada, senza separazioni proprio come nella Gran Via di Gaudì.

Non ci sono marciapiedi, non ci sono cordoli, nessuna carreggiata, solo uno spazio aperto dove traffico pedonale e veicolare convivono partendo da una semplice premessa: l’attenzione e la priorità al più debole. Così, pedoni, biciclette, automobili ed autobus circolano, più lentamente, cedendosi lo spazio condiviso in un ordine (o caos) autogestito; non vi sono strisce pedonali nè semafori, solamente il traffico attento e rispettoso di tutti coloro che condividono la strada. L’idea è lodevole e mira a porre fine alla dominazione del veicolo sul pedone, incoraggiando gli automobilisti a comportarsi in modo più responsabile nei confronti di chi va a piedi.
Si basa sull’effetto Peltzman, secondo cui le persone tendono a regolare il loro comportamento in base al livello di rischio percepito; in questo modo sia gli automobilisti che i pedoni si comportano con più cautela quando si sentono vulnerabili, come nel caso di uno spazio senza barriere di separazione. Questo può essere constatato in città che hanno promosso la mobilità con l’auto privata: nelle strade in cui è migliorata la sensazione di separazione attraverso cordoli, recinzioni o tunnel gli automobilisti diventano più impazienti e aggressivi con i pedoni e tendono a muoversi più velocemente. Ma questo effetto ricorda anche un altro proveniente dal campo della psicologia e denominato “dissonanza cognitiva”. Non è l’effetto opposto, ma può operare in senso inverso, in quanto indica la tendenza ad ignorare o evitare l’informazione che mostra l’esistenza di discrepanza tra ciò che è previsto o desiderato e la realtà. In questo modo un individuo può adottare comportamenti rischiosi (non indossare dispositivi di sicurezza in ambienti di lavoro pericolosi, per esempio), sulla base di una autoconvinzione di sicurezza. Non so se qualcuno ha indagato sulla possibilità che questa dissonanza possa esistere nei comportamenti dei pedoni in strada, ma sembra chiaro che la nostra psiche opera in modi spesso capricciosi e opposti alla razionalità. Pertanto, a un comportamento attento conseguente al rischio si potrebbe opporre un comportamento imprudente per il fatto di aver respinto la loro percezione. E’ questa una critica definitiva alle strade condivise? La risposta è: dipende. Sicuramente nelle tranquille strade olandesi dove è nato questo tipo di strada negli anni ’90 (incentivata dall’ingegnere Hans Monderman), le strade condivise hanno rappresentato una magnifica soluzione. Forse, però, una strada così trafficata come la Exhibition Road di Londra espone a nuovi pericoli. La pensano così i non vedenti londinesi, che hanno promosso un’intensa battaglia contro questa soluzione urbana. L’organizzazione britannica Guide Dogs è la protagonista dell’opposizione più forte, e afferma sul suo sito: “Le persone non vedenti o ipovedenti, in particolare i proprietari di cani-guida e di bastoni sono addestrati per usare il cordolo del marciapiede come riferimento per la circolazione nello spazio urbano. La sua rimozione, senza una valida ed efficace alternativa, espone le persone non vedenti o ipovedenti ad un maggior rischio, riduce la loro fiducia e crea una barriera alla loro mobilità indipendente “.
Queste organizzazioni hanno commissionato degli studi e sviluppato varie campagne in difesa di marciapiedi tradizionali e della separazione effettiva tra pedoni e veicoli. Essi sostengono che sia in Gran Bretagna che nei Paesi Bassi, dove le strade condivise stanno prendendo piede, diventano aree in cui i ciechi non vanno. Il pericolo non è solo l’incidente automobilistico, ma le collisioni con ciclisti, come dimostrano le ricerche effettuate.
Una di queste indagini da loro promossa e realizzata nel prestigioso laboratorio Pamela dell’University College ha dimostrato che l’altezza minima dei marciapiedi perché sia rilevata da un non vedente è di 6 cm. Al di sotto di questa altezza esiste la possibilità che non si possa determinare in che momento abbandonano il marciapiede ed entrano nella carreggiata, come succede nelle strade condivise. Il dibattito è aperto: le argomentazioni da entrambe le parti sono sempre più numerose. In Australia e negli Stati Uniti le strade condivise si stanno affiancando ad altre soluzioni per la promozione della mobilità sostenibile. Al contrario, la morte di un pensionato a Coventry nel gennaio 2012 investito da un bus in un incrocio condiviso, ha alimentato la polemica in Gran Bretagna e ha obbligato a tornare alla soluzione tradizionale di inserire un attraversamento pedonale. Probabilmente una volta si pensava che le auto del XXI secolo potessero volare, ma la verità è che ad oggi non abbiamo ancora trovato una soluzione infallibile per evitare questo tipo di incidenti. Lunga vita, in ogni caso, a soluzioni che incentivano il transito lento, la moderazione della velocità e la sicurezza di tutti i pedoni.
Autore: FERNANDO ALONSO LÓPEZ (Direttore di ACCEPLAN)
Traduzione all’italiano: FPR abitaresociale
Puoi trovare l’articolo originale qua: Calles de uso compartido: una solución con polémica